«Ma
se buco la montagna per dare la possibilità di
vedere un panorama dieci volte più bello rispetto
a quello della Jungfrau che male
faccio? Una volta lassù
i credenti possono dire una preghiera […]»
Siro
Treu, consigliere delegato «MMM srl»
La
maestosità così sfacciatamente ostentata dal Rosa sembra avere
plasmato a sua immagine i sogni degli amministratori locali. E così,
già da diverso tempo e con malcelata circospezione, i piccoli
fautori del Walser Express cercano di portare avanti il loro
personale sogno di grandezza: il “treno del Monte Rosa”, la
grande opera che tramite due tunnel nelle viscere delle montagna
dovrebbe portare i «turisti ad alta propensione di spesa» da
Macugnaga in Svizzera e viceversa (e in un secondo momento, con un
altro tunnel, anche in Val d’Aosta) unendo i rispettivi comprensori
sciistici nel “Monte Rosa High Ring”. Più di 700 chilometri di
piste, 6 valli collegate in alta quota, il «primo dominio mondiale
per il collegamento montano», «il comprensorio turistico più
grande d’Europa». Niente meno che «un vanto per la Regione, lo
Stato Italiano e la Comunità Economica Europea» per i suoi
sostenitori, l’ennesimo scempio delle montagne piemontesi per altri.
Il “metro delle Alpi”, mentre cerca di convincere pochi
incontentabili, incassa l’approvazione trasversale dei politici
locali. Tutti entusiasti della grande opera dal Pd di Borghi,
Ravaioli e Caretti al PdL di Zacchera. Nel frattempo si è costituita
a Milano la società che dovrebbe costruire il Walser Express:
«M.M.M. Srl», che ha come azionisti le ditte Seli, Leitner, Cogeis,
Moosmair e Lombardi. Grossomodo le stesse società che già erano
state proposte come partners tecnici nella presentazione del progetto
avvenuta a Stresa nel 2007.
Sono diverse le ombre volutamente
proiettate sul Walser Express per celare i particolari del progetto.
Fino a poco tempo fa non si conoscevano (almeno ufficialmente) i nomi
dei componenti della MMM, mentre altre informazioni sono ancora
riservate solo agli amministratori e alle imprese coinvolte. Il
progetto dovrebbe essere finanziato con fondi privati attraverso un
«project finance con bando di gara europeo». Si stima che
serviranno almeno 300 milioni di euro per la costruzione
dell’Express. Tra i possibili finanziatori c’è chi ha parlato, in
passato, di un interessamento di Banca Intesa. La MMM sta
deliberatamente tenendo un «profilo basso»: in questo frangente
quello che interessa alle aziende coinvolte è mantenere il progetto
in sordina per evitare ogni sorta di intralcio e aprire i cantieri
prima possibile.
Quel poco di luce che si intravede tra
le ombre del progetto contribuisce a rivelare particolari poco
rassicuranti. Il Walser Express non porterà in dono al Rosa solo due
tunnel di 9 chilometri complessivi. Lo sviluppo turistico che la
grande opera – almeno nelle aspirazioni dei suoi sostenitori – dovrebbe
favorire consumerà terreni e porterà cemento, infrastrutture, opere
accessorie, nuove strutture ricettive, nuovi alberghi e ristoranti
(sono previsti persino un «museo
del ghiaccio»
in cima al Monte Moro e un «ristorante
girevole»
in alta quota), una nuova centralina idroelettrica e un mega
parcheggio da migliaia di posti a Pestarena (70 mila metri cubi di
bitume previsti solo per quest’ultimo). In sinistra sintonia con
l’ottica di considerare il territorio come una risorsa a cui
attingere in maniera poco sostenibile, fino all’esaurimento di ciò
che è in grado di offrire. Intanto, come se niente fosse, il
progressivo scioglimento dei ghiacciai sul Rosa prosegue
inarrestabile, modificando – lentamente ma irrimediabilmente – la
conformazione del territorio. Ve lo ricordate il minaccioso lago
Effimero che qualche anno fa incombeva su Macugnaga?
Per provare a diradare alcune delle
ombre che avvolgono il progetto cerchiamo di conoscere chi il Walser
Express dovrebbe costruirlo: le aziende della «M.M.M. Srl» che
hanno già operato e ottenuto sostanziose commesse nel Vco.
[Un
buco tira l’altro]
Negli ultimi tempi gli imprenditori che
operano nel campo delle costruzioni hanno realizzato che trivellare
montagne per farci passare dentro treni può essere un ottimo
business. Non stupisce quindi vedere che alcune delle società
incaricate di trasformare la Perla del Rosa nella «stazione
ferroviaria più alta d’Europa» sono già impegnate nella
costruzione delle linee TAV in Valsusa (come Cogeis), nel Brennero e
in Toscana (Seli).
Seli si occupa di scavare gallerie,
tunnel e trafori. Nel Vco le sue trivelle sono servite per la
realizzazione dei tunnel per alcune delle numerose centrali
idroelettriche della provincia (il Vco produce la metà dell’energia energia idroelettrica di tutto il Piemonte). In subappalto
dalla «De Lieto Costruzioni» di Roma per quasi 14 milioni di euro
ha traforato 10 km di roccia per la centrale di Pieve Vergonte tra il
1998 e il 2000. Sempre nel 2000 ha concluso i lavori (un tunnel di
4,7 km) presso lo stabilimento idroelettrico di Varzo. Nel 2007 ha
ottenuto dall’Enel il super appalto per la costruzione della galleria
per l’impianto di Crevola, una commessa che ha fruttato all’impresa
ben 35 milioni di euro.
Negli anni le commesse della torinese
Cogeis, soprattutto in Val Anzasca e Formazza, sono state così
numerose che la società ha perfino aperto un’unità operativa a
Vanzone San Carlo con annesso impianto di produzione di inerti e
conglomerati cementizi.
[Strade
d’oro, ponti che crollano]
Giovanni Bertino, fondatore e titolare
della Cogeis, costruttore “bianco” per anni considerato molto
vicino ad alcuni dirigenti della Democrazia Cristiana, è un
personaggio curioso. Originario di Quincinetto, piccolo paese al
confine tra Piemonte e Val d’Aosta, nel giro di pochi anni da
casellante è diventato un magnate delle costruzioni. Sue la
«Giovanni Bertino SpA» (diventata poi «Cogeis SpA»), «Ivies SpA»
e la società finanziaria «Berfin srl». Curioso (e nutrito) anche
il suo curriculum giudiziario che lo vede coinvolto in numerose
indagini di vecchie e nuove Tangentopoli e più volte costretto a
brevi periodi di detenzione.
Nel 1990 Bertino viene indagato per
danneggiamento di beni dello Stato insieme alla moglie e al figlio
Flavio. Le indagini erano partite dopo la constatazione che la sua
impresa di costruzioni aveva scaricato 150 camionate di detriti nel
comune di Borgofranco, nei pressi del fiume Dora.
L’anno seguente viene arrestato in Val
d’Aosta in un’importante inchiesta sugli appalti autostradali,
conosciuta come «strade d’oro» o «Tangentanas», che
successivamente si allargò fino a coinvolgere l’ex ministro
democristiano dei lavori pubblici Prandini e l’allora direttore
generale dell’Anas Crespo. In appello Bertino viene condannato ad 1
anno e 6 mesi di detenzione.
Presto si accorge delle potenzialità
del nostro territorio e viene coinvolto in un capitolo della
«Tangentopoli ossolana». L’ingegner Alessandro Poscio di
Villadossola patteggia 1 mese di detenzione e 50 milioni per
finanziamento illecito ai partiti: ammette di aver corrisposto 10
milioni al segretario della Dc novarese Borando e 90 al senatore
Cornelio Masciadri del Psi (già sindaco di Stresa e Novara, più
volte arrestato e indagato per mazzette, patteggiò nel ’94 1 anno e
mezzo e 150 milioni per tangenti, in un’altra inchiesta venne
condannato nel 1996 a 3 mesi per corruzione. In quanto ex senatore ha
ricevuto una pensione di 8641 euro al mese per i servigi resi alla
Repubblica). Altri 100 milioni Poscio rivela di averli versati a
Giovanni Bertino affinché li girasse al cassiere della Dc nazionale
Citaristi. Lo stesso Bertino conferma di aver ricevuto e consegnato i
soldi al “legittimo” destinatario.
Nel luglio del 1993 il fondatore di
Cogeis viene arrestato per corruzione. Secondo l’accusa versò 50
milioni di lire al capo della ripartizione urbanistica di Ivrea per
aggiudicarsi lavori stradali e opere di manutenzione.
L’incontenibile Bertino viene arrestato
nuovamente insieme al figlio Flavio nel ’95 con l’accusa di falso e
inondazione colposa. Ivies – l’altra società di famiglia – si
era aggiudicata l’appalto per la costruzione di un viadotto sul
torrente Ribes, nel torinese. Tutto regolare in apparenza, solo che
il ponte è durato meno di un anno.
Nel marzo del ’95 l’impresario di
Quincinetto viene condannato dal tribunale di Aosta a 2 anni e 4 mesi
di carcere per il «caso Sav». Per i giudici, Bertino, in combutta
con il manager valdostano Follioley, versò 450 milioni ai partiti
per assicurarsi dei lavori autostradali. I soldi vennero spartiti tra
Dc, Psi, Pri, Adp e Pds.
Nel settembre del 2002 viene emessa
l’ennesima ordinanza di custodia cautelare per l’incorreggibile
Bertino, questa volta nell’ambito di «Appaltopoli», un’inchiesta
sulla corruzione negli appalti gestiti dal Comune di Torino. Secondo
gli inquirenti e le deposizioni di Claudio Gombia, impresario edile
arrestato qualche mese prima, Bertino – che conosceva bene i
meccanismi tangentizi – avrebbe fatto da intermediario tra
imprenditori e funzionari pubblici per il pagamento di mazzette.
Questa volta l’imprenditore non si fa trovare dai finanzieri che
vanno a bussare alla sua porta. Tecnicamente è latitante, anche se
il suo avvocato si affretta a puntualizzare: «E’ azzardato dire che
è latitante. Era in vacanza prima ancora di sapere che era stato
chiesto il suo arresto…», fatto sta che «in vacanza» Bertino ci
rimane per diversi mesi.
Il 28 ottobre 2004 viene iscritto nel
registro degli indagati Ugo Martinat, vertice piemontese di Alleanza
Nazionale e, ai tempi delle indagini, viceministro delle
infrastrutture nel secondo governo Berlusconi. I reati ipotizzati per
Martinat sono di abuso d’ufficio e concorso in turbativa d’asta.
L’inchiesta si divide in due filoni: il primo riguarda l’assegnazione
(pilotata, secondo la procura) dell’appalto del tunnel esplorativo di
Venaus per la linea TAV in Valsusa ad un raggruppamento di imprese
composto anche da Cogeis e Strabag, ditta austriaca partner di Cogeis
nel consorzio di imprese SBT. L’altro filone dell’inchiesta non ha a
che fare con Cogeis ma con il Vco: riguarda infatti il presunto
interessamento dell’ex viceministro di An per l’assegnazione a
Gilberto Valle (titolare dello Studio Valle di Roma, già citato in
giudizio per abusivismo edilizio) della progettazione di alcuni
lavori per l’ospedale di Omegna tramite Chiatante, allora direttore
generale dell’Ares. L’accusa nei confronti di Martinat è supportata
da una telefonata intercettata nella primavera del 2004 dalla
Direzione Investigativa Antimafia tra Valle e Chiatante.
Di solito le aziende a cui affidare
progetti così importanti si scelgono in base alle referenze positive
e all’affidabilità dimostrata negli anni. Finanziamenti illeciti e
ponti che crollano: con un curriculum simile a Macugnaga non hanno
saputo resistere.
In Anzasca, come altrove, è sempre in
agguato il rischio che gli interessi dei costruttori e le convenienze
politiche prevalgano sugli interessi collettivi. Non è una novità,
il grande affare delle commesse gestite dagli enti locali ha sempre
sollecitato gli appetiti di molti. Attorno al turismo, in una
provincia in cui l’offerta dei servizi turistici rappresenta uno dei
business più consistenti, si accentrano le attenzioni di molti. Non
sempre limpide. E quando gli interessi in gioco sono tutt’altro che
trascurabili può accadere che qualcosa non vada come dovrebbe,
persino all’ombra del Rosa. Nel maggio dello scorso anno l’ex sindaco
di Macugnaga ed ex assessore provinciale al Turismo di Forza Italia
Tiziano Iacchini è stato arrestato, insieme all’imprenditore
milanese Liccione, con l’accusa di corruzione aggravata per
l’inchiesta sul recupero dell’Albergo Monte Moro.
Ad ogni modo, per poter ammortare la
spesa dell’Express nei tempi ipotizzati si prevedono (non si sa come)
400 mila passeggeri annui – dieci volte in più delle attuali
presenze turistiche – ognuno dei quali per salire sul “metro
alpino” dovrà acquistare un biglietto di almeno 66 euro. In tempi
di crisi e profonda instabilità e con l’aumento delle famiglie alle
prese con mesi troppo lunghi rispetto allo stipendio percepito sembra
lecito pensare che le élites di «turisti ad alta propensione di
spesa» su cui tanto puntano i sostenitori del Walser Express non
possano essere così numerose. E se i costi dell’opera sono enormi
(c’è chi dice che siano sottostimati), le entrate appaiono
tutt’altro che certe. Proprio l’elevato costo dell’opera, più che le
flebili proteste degli ambientalisti locali, potrebbe bloccare sul
nascere i sogni di grandezza dei sostenitori del Walser Express. A
conti fatti sembra davvero difficile che il progetto possa trovare i
finanziamenti necessari e passare realmente alla fase operativa. Ma
se ciò dovesse avvenire, conoscendo i precedenti delle opere di alcuni suoi costruttori c’è solo una cosa che possiamo fare: sperare che nulla
crolli addosso ai futuri passeggeri del Walser Express. Tanti auguri.